Il contesto
Cresce il malessere esistenziale tra i giovani, soprattutto tra le ragazze, oltre 110mila richieste di sostegno a Telefono Amico nel solo 2022.
È in crisi un modello sociale basato su performance, eccellenza, amplificazione della diseguaglianza, relazioni virtuali, apparenza, gig economy.
Un modello che induce i giovani alla fuga quando non alle dipendenze come ricerca di auto-cura. Il primo indicatore che dà conto di questa situazione è quello dei NEET, giovani tra i 18 e i 29 anni che “non lavorano, non studiano e non si trovano in un periodo di formazione” e che secondo Eurostat in Veneto sono oltre il 20% della popolazione di quella fascia di età.
Azienda Zero Regione Veneto documenta che nel 2021 c.a. il 18% dei giovani 18-24 ha avuto contatto con un terapeuta, era il 14% nel 2020, +28,5%. Allarma anche il tasso di riammissione in SPDC a 30 giorni dalla dimissione che secondo Azienda 0 è intorno al 20%. I tagli ai budget sanitari portano alla riduzione dei posti residenziali e semiresidenziali.
Nei Dipartimenti di Salute Mentale il flusso di accessi è aumentato a causa del disagio adolescenziale e giovanile accompagnato da un aumento della sua complessità e da un anticipo della sua insorgenza e per l’affiancarsi di vere e proprie problematiche di chiara natura psichiatrica quali i Disturbi Alimentari e Asperger. Tutti i disturbi comportano difficoltà nelle interazioni sociali che portano all’isolamento.
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E’ in crisi un modello di cura centrato sulla gestione delle acuzie ma che non affronta in modo strutturale il problema della mancanza di un progetto di vita. È in crisi anche un modello di SPDC che non ha spazi per offrire adeguati momenti di cura. Usciti dal reparto i giovani, in gran parte scolarizzati, non trovano servizi adatti a valorizzarli e difficilmente accettano di frequentare Centri Diurni e Tirocini lavorativi la cui organizzazione è centrata su attività elementari di assemblaggio pensate per la disabilità.
A causa di stigma sociale, sensi di colpa, pudore delle famiglie, non riconoscimento del disturbo, mancanza di strutture in zona tanti casi restano silenti, chiusi in casa, non contati. Stime attendibili parlano del 60% di giovani in sofferenza (Società medico-chirurgica vicentina, Vicenza 6 maggio 2023 convegno Psichiatria da protagonisti) che sono fuori da un percorso di cura, un dato che proietta oltre il 40% la percentuale dei giovani in sofferenza.
È poco diffusa la cultura dell’operare in rete tra operatori che possono intercettare questi casi “non noti”, come scuole, medici di medicina generale, informa-giovani, centri per l’impiego, …
L’assistenza è fornita presso le sedi di Ulss dove il “paziente” sceglie di andare a farsi curare spesso quando il disturbo è in fase avanzata. L’assistenza è sostenuta da associazioni di familiari che fanno attività di sportello, inviano alla cura e organizzano la riabilitazione sociale. Manca la cultura dell’andare verso l’altro per portare aiuto a vincere lo stigma, a superare la soglia di casa.
I bisogni
In questo contesto di crisi diventa sempre più imprescindibile l’applicazione diffusa alla Salute Mentale del modello bio-psico-sociale che, attraverso il lavoro in rete, metta in atto l’intero ciclo sensibilizzazione-prevenzione-cura-riabilitazione completando le carenze esistenti che sono in particolare:
1. Non ci sono sufficienti sostegni per chi resta fuori dai percorsi di cura per trovare la forza di uscire di casa;
2. Non ci sono sufficienti sostegni per chi cade in momenti di crisi per il recupero delle relazioni perse,
3. Non ci sono sufficienti “progetti di vita personalizzati” in alleanza con destinatario, con la famiglia e il contesto sociale con cui il giovane possa trovare una concreta speranza di recupero;
4. Non ci sono laboratori di avviamento al lavoro adatti a giovani scolarizzati in cui possano esprimere le loro competenze, si sentano valorizzati alla pari dei loro coetanei e non vivano la sensazione di essere considerati disabili;
5. Mancano soluzioni che permettano di alleggerire le tensioni familiari che spesso questi disturbi creano.
Gli obiettivi strategici
Per rispondere ai bisogni, La Casa Blu mette in atto azioni che agiscono su Sensibilizzazione e Riabilitazione:
1. Riconoscere il disagio e la sua evoluzione: Sensibilizzare giovani, famiglie ed educatori a riconoscere il disturbo e far conoscere i percorsi di cura e le opportunità di aiuto disponibili. Le azioni di sensibilizzazione possono essere dirette ai giovani e alle loro famiglie o utilizzre come intermediari la rete contituita da Scuole/Educatori, Centro Salute Mentale, Medici di Medicina Generale, strutture comunali come Assistenti sociali, CPI, Informagiovani.
Le azioni di riabilitazione sociale rivolte ai destinatari giovani e loro familiari sono organizzate in attività diverse volte al raggiungimento di diversi obiettivi:
2. Avviare alla relazione: Uscire di casa, Incontrare altri, Allacciare legami extra familiari.
3. Migliorare il benessere psico-fisico: Movimento, alimentazione sana, cura di sé.
4. Migliorare le competenze: Emotive, cognitive e sociali.
5. Attuare una maggiore autonomia: Facilitare incontri autogestiti, Permettere la gestione della vita quotidiana, organizzare il tempo, sperimentare forme di collaborazione.
6. Dare serenità alla famiglia come effetto dell’intervento sul familiare disagiato e sulla famiglia stessa.